Nella IV lezione del Seminario Il rovescio della psicoanalisi, richiamando il suo noto enunciato “non c’è metalinguaggio”, Lacan dice: “Non c’è metalinguaggio se non tutte le forme di canaglieria, se con queste designiamo le curiose operazioni che si deducono dal fatto che il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro. Ogni canaglieria si basa sul fatto di voler essere l’Altro, intendo il grande Altro, di qualcuno, là dove si disegnano le figure in cui il suo desiderio sarà captato”1 .
Questo riferimento di Lacan va messo in relazione con un altro enunciato cruciale che troviamo nella lezione successiva del Seminario XVII: “Non c’è discorso […] se non del godimento”2, enunciato che mette direttamente in relazione con quella che chiama “l’intrusione nel politico”3 da parte della psicoanalisi.
Ciascun discorso rappresenta la struttura che determina una certa modalità di gestione del godimento, delineando una politica. Nella scrittura del discorso capitalista, dove al posto di comando abbiamo il soggetto barrato, comandato dall’S1, che introduce una circolazione apparentemente senza fine fra i quattro elementi 4, possiamo leggere la posizione del soggetto contemporaneo, che crede all’illusione capitalista di potersi riappropriare del godimento che “gli spetterebbe” tramite il consumo degli oggetti, cancellando così la dimensione della castrazione che fonda il desiderio. “Il plusvalore” – ci ricorda Lacan – “è la causa del desiderio di cui un’economia fa il proprio principio, quello della produzione estensiva, dunque insaziabile, della mancanza-a-godere”5.
Possiamo definire la posizione del soggetto contemporaneo – nominando così l’effetto individuale che il legame sociale attuale produce – come connotata dalla stupidità, indicando con ciò una posizione di godimento rispetto al quale non si vuole sapere nulla e cedere nulla, che dunque non risulta soggettivabile. Propongo che il suo partner politico, l’Altro a cui si affida, sia quello che Lacan indica come la canaglia.
Ne L’etica della psicoanalisi, Lacan parla dell’ideologia dell’intellettuale di desta come “non ritirarsi di fronte alle conseguenze di quel che si chiama realismo, cioè, quando è necessario, nel rivelarsi di essere una canaglia”6.
Il “realismo” di cui parla Lacan riguarda il fatto di sapere che tutto è sembiante, che l’ideale è una costruzione illusoria, e farne uso per il proprio tornaconto di godimento. Propongo che la canaglia può farne un uso politico nella misura in cui la sua posizione si articola con il soggetto contemporaneo, al quale potrà presentarsi – come richiama Lacan nel Seminario XVII – come il suo Altro, e, nel punto in cui si presenta la mancanza che scava il desiderio, situare precisamente la canaglieria stessa, il suo “realismo”. Un Altro che si fa garante, che fa credere che esista meta-linguaggio, e che in tal modo autorizza il soggetto a restare in quel non volerne sapere nulla del godimento – dunque nella stupidità, che Lacan definisce “senza speranza”7. Con delle conseguenze che possono tuttavia andare più lontano.
In …ou pire, Lacan dice: “La canaglieria ha sempre a che fare con il desiderio dell’Altro da cui è sorto l’interessato […] se il desiderio è il desiderio di una canaglia, è immancabilmente una canaglia”8 . Lacan fa riferimento al desiderio che ha presieduto alla sua venuta al mondo, ma possiamo estendere quanto ci propone al desiderio in gioco quando si tratti, a livello collettivo, di chi governa nella sua relazione ai soggetti con i quali è in rapporto. Se è in gioco il desiderio di una canaglia, nel senso oggettivo e soggettivo, si otterrà immancabilmente una canaglia.
È così che il soggetto contemporaneo può trovare un Altro che lo legittima a sua volta in una posizione di canaglia, proprio appoggiandosi al fatto che il desiderio è il desiderio dell’Altro e che “non c’è discorso che del godimento”.
“Nello smarrimento del nostro godimento” – annunciava Lacan in “Televisione”, nel 1973 “non resta che l’Altro per situarlo, ma solo in quanto siamo separati da esso. Ne derivano dei fantasmi che erano inediti quando non ci si mescolava. Lasciare a questo Altro il suo modo di godimento sarebbe possibile solo a condizione di non imporgli il nostro, di non considerarlo un sottosviluppato”9. Il desiderio della canaglia situa il godimento nell’Altro, espellendone la differenza con la pretesa di mantenere questo Altro come separato, e imponendo e legittimando un godimento che sarebbe uguale per tutti. Il razzismo, che considera l’Altro come sottosviluppato, ne è la conseguenza. La risposta del soggetto contemporaneo, che crede a questa uniformità di godimento a partire da quanto il discorso capitalista impone, facendo leva sullo scarto fra l’oggetto del desiderio e la sua causa e sul fatto che la radice del desiderio si annoda col godimento, si costituisce come suo partner ideale, come mostra il successo politico di chi, nel nostro mondo, incarna questa posizione canaglia.
Per lo psicoanalista, dunque, farsi scarto, “effetto di rigetto”10 del discorso, “essere un santo” come “scarto del godimento”11, è una scelta etica e politica contro la canaglieria e contro la stupidità della nostra epoca. Come ammoniva Lacan: “In più santi si è, più si ride è il mio principio, addirittura l’uscita dal discorso capitalistico – il che non costituirà un progresso se riguarderà solo alcuni”12.
Paola Bolgiani è psicoanalista, risiede a Torino.
Membro della SLP e della AMP.
Note bibliografiche:
1Lacan, J., Il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, Torino, p. 70.
2Ivi, p. 93.
3Ibid.
4Lacan, J., “Del discorso psicoanalítico”, in Lacan in Italia, La Salamandra, p. 32.
5Ibidem, p. 431 (risposta alla quinta domanda).
6Lacan, J., L’etica della psicoanalisi, Einaudi, p. 232 (lezione del 23 marzo 1960, par. 2).
7Lacan, J., “Televisione” , cit. p. 537 (fine paragrafo VI): quando parla della necessità di rifiutare l’analisi alle canaglie poiché diventerebbero irrimediabilmente stupide.
8Lacan, J., …ou pire, Seuil, p. 199 (trad. nostra)
9Lacan, J., Televisione, in Altri Scritti, p. 528
10Lacan, J., Il rovescio della psicoanalisi, p. 46
11Lacan, J., “Televisione”, pp. 514-515
12Ibidem, pp. 515-516.